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Modifica news ID 35 del 04/Jun/2020 18:56
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Quando il grande circo riprese il suo triste e desolante spettacolo di ogni giorno, parve che in un solo istante quel tempo sospeso, irreale e rallentato non fosse mai esistito. Il silenzio venne così cancellato dal rombo feroce e inquinato dei motori e il canto tenero degli uccelli sovrastato da cento, mille, un milione di voci tutte uguali che si sovrapponevano l'una all'altra, senza ordine, senza armonia. Le strade e le vie furono invase di nuovo da un'orda indistinta di occhi, di mani e di piedi solo un po' meno veloci e distratti, ma già pronti ad accelerare il tempo e le ore per ricominciare a rincorrerle ed a rincorrersi, negandosi anche il quotidiano miracolo del mondo attorno e della sua contemplazione. L'aria tornò a farsi più spessa e bruciante, l'acqua più torbida e cattiva. Gli insetti ripresero a cader vittime di fiori appassiti ed avvelenati, mentre gli animali ancora una volta fuggirono e scomparvero impauriti da quei luoghi che per pochi giorni che eran sembrati secoli, avevano camminato, amato, ritrovato. Gli uomini, quelli che ce l'avevano fatta o non erano neppure stati sfiorati dalla tragedia, dimenticarono in fretta i morti di prima e quelli che non avevano potuto neppure piangerli, mentre i malati ed i morti di poi persero via via interesse e visibilità nell'opinione pubblica generale. Tutti esultarono per il ritorno a quella che chiamavano “normalità” fatta di economia, commercio, libero mercato, globalizzazione, sport, campionati di calcio e d'automobilismo, potere politico e religioso, giornali, spettacolo e televisione. L'industria e il denaro si riappropriarono del loro scettro neppure scalfito. E addirittura alla fine qualcuno riuscì a convincere qualcun altro, forse molti di più, che era normale anche vivere la propria vita sotto il continuo controllo di una qualche autorità superiore deputata a conoscere nel dettaglio e dirigere quando necessario le esistenze di ognuno in nome di un non ben specificato nuovo ordine umano per la salute pubblica e la sana e protetta convivenza sociale tra corpi e persone. Che certo, ordinatamente e tutti a distanza dovuta s'intende, ricominciare a sprofondare nell'abitudinaria immondizia giornaliera della proprie città e della propria anima già marcita e perduta molto tempo prima di quella tragica primavera, avrebbe segnato una differenza e l'ennesimo passo avanti dell'umana civiltà, destinata oggi più di ieri a specchiarsi fiera nella sua irrefrenabile corsa al futuro ed al progresso. E pazienza il clima, le guerre, la povertà, la fame, il razzismo, lo specismo. Ora era il momento di ripartire e di scrivere una volta di più nel cielo, almeno finché non fosse scomparso insieme al resto anche l'arcobaleno, “tranquilli, andrà tutto bene”.
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